Avvocato Domenico Esposito
 

 


AZIONE DI ACCERTAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE TRA I DEI CONIUGI


TRIB. MILANO, SEZ. IX CIV., SENTENZA 22 MAGGIO 2013 (PRES. SERVETTI, REL. MUSCIO)

AMMESSA L’AZIONE DI ACCERTAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE TRA I CONIUGI.
A TAL FINE NON E’ SUFFICIENTE CHE I CONIUGI ABBIANO CONVISSUTO, MA OCCORRE CHE TRA ESSI SI SIA RICOSTRUITO UN PIENO AFFETTO CONIUGALE.

N FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE


Con atto di citazione, notificato in data 17.2.2010, (...) conveniva in giudizio per l’udienza del 27.5.2010, differita ex art. 168bis comma 5 c.p.c al 15.6.2010 (…) chiedendo che venisse dichiarata, previo accertamento dell'intervenuta riconciliazione tra i coniugi sin dal marzo 2002, la cessazione degli effetti della separazione consensuale tra i coniugi del 11.3.2002, omologata dal Tribunale di Milano il 24.5.2002, e di tutte le statuizioni ivi contenute e conseguentemente che venisse dichiarata la proprietà in capo a sé delle quote del 50% delle unità immobiliari, site in (…) via (…) e via (…), che erano state dallo stesso trasferite alla moglie con la separazione consensuale.

Con comparsa di costituzione e risposta, depositata in data 6.5.2010, si costituiva (…) eccependo in via preliminare l'inammissibilità della domanda per difetto di interesse ad agire o per inosservanza delle modalità di introduzione del giudizio e chiedendo nel merito una pronuncia di inammissibilità della domanda da qualificarsi come domanda di simulazione o in ogni caso il rigetto per infondatezza, non essendo intervenuta alcuna riconciliazione tra le parti.

Concessi i termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c ed espletata l’istruttoria orale con l'interpello della convenuta e l'esame dei testimoni nei limiti in cui le istanze delle parti sono state ritenute ammissibili e rilevanti come da ordinanza a verbale del 27.10.2010, all’udienza del 30.1.2013 la causa veniva rimessa la Collegio per la decisione sulle conclusioni precisate dalle parti come in epigrafe indicate, concedendo i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, tempestivamente presentate la prima da entrambe le parti, la seconda solo da parte convenuta.

In data 30.4.2013 venivano acquisite le conclusioni del Pubblico Ministero.

Osserva in via preliminare il Collegio che le eccezioni di parte convenuta sono infondate.

Per consolidato orientamento della Suprema Corte l’interesse ad agire si sostanzia nell’esigenza della parte di provocare l’intervento degli organi giurisdizionali per conseguire la tutela di un diritto o di una situazione giuridica che altrimenti non potrebbe conseguire e l’accertamento di tale condizione dell’azione deve effettuarsi con riguardo all’utilità del provvedimento richiesto rispetto alla lesione denunciata prescindendo da ogni indagine in merito alla sua fondatezza (Cass. Sez. III 29.9.2005 n. 19152).

Con riferimento poi in particolare alle azioni di accertamento quale quella promossa nel caso di specie la Suprema Corte ha affermato che «L'interesse ad agire con un'azione di mero accertamento non implica necessariamente l'attuale verificarsi della lesione d'un diritto o una contestazione, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull'esistenza di un rapporto giuridico o sull'esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, costituendo la rimozione di tale incertezza un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se con l'intervento del giudice» (Cass. Sez. II 26.5.2008 n. 13556).

Date quindi queste premesse in diritto, è indiscutibile che nel caso di specie parte attrice abbia un interesse ad agire per ottenere l’accertamento della intervenuta riconciliazione con la moglie, e cioè l’accertamento di una situazione giuridicamente rilevante che non potrebbe altrimenti ottenere senza l’intervento dell’Autorità giudiziaria a fronte della opposta prospettazione della moglie.

Del tutto inconferenti appaiono, pertanto, le argomentazioni di parte convenuta là dove sostiene che ai sensi dell’art. 157 c.c i coniugi possono far cessare gli effetti della separazione senza che sia necessario l’intervento del Giudice.

La disciplina in questione presuppone, infatti, che vi sia o una dichiarazione espressa dei coniugi o un comportamento inequivoco di entrambi, non precludendo di certo il ricorso al Giudice nell’ipotesi in cui vi sia, come appunto nel caso di specie, contrasto o contestazione tra i coniugi circa la situazione fra gli stessi esistente.

Del pari destituita di fondamento è poi l’eccezione circa le modalità di introduzione del giudizio, dal momento che la forma ordinaria per l’introduzione di una domanda giudiziale è costituita dall’atto di citazione, rappresentando il ricorso una diversa forma che deve essere espressamente prevista da una norma di legge, come anche da ultimo ribadito dalla Suprema Corte in casi in cui era controversa la modalità di introduzione del giudizio (Cass. Sez. Unite 14.4.2011 n. 8491).

Passando, quindi, all’esame del merito delle domande di parte attrice, osserva in primo luogo il Tribunale che, sulla base delle allegazioni di cui all’atto di citazione e della documentazione ad esso allegata, la domanda attorea è volta ad ottenere l’accertamento della avvenuta riconciliazione tra le parti e gli effetti conseguenti che, nella prospettazione dell’attore, sono il venir meno sia dello status di coniuge separato sia del trasferimento della quota di sua proprietà degli immobili alla moglie.

Non può essere accolta la diversa qualificazione che parte convenuta pretende di attribuire alla domanda attorea, ovverosia che si tratti di un’azione volta a far valere la simulazione della separazione, con il conseguente effetto a suo dire che la domanda dovrebbe essere dichiarata inammissibile in forza di quanto affermato da un consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. Sez. I 20.11.2003 n. 17607).

Premesso che tale orientamento giurisprudenziale è stato ormai ampiamente superato dalla successiva giurisprudenza per cui è pacificamente ammissibile l'azione di annullamento della separazione consensuale omologata per vizi della volontà (Cass. Sez. I 4.9.2004 n. 17902, Cass. Sez. Sez. I 20.3.2008 n. 7450, Cass. sez. I 21.3.2011 n. 6343), osserva il Collegio che nel caso di specie l’attore non lamenta affatto vizi del consenso in ordine alla separazione, ma allega che in concreto dopo la separazione le parti hanno «regolarmente convissuto sino all’estate del 2008» (vedi missiva del 7.7.2009 e del 10.7.2009 doc. 2 e 3), hanno «continuato la convivenza e non hanno cessato il consorzio familiare, mantenendo la comunione materiale e spirituale» (confr. pag. 1 atto di citazione).

Così quindi qualificata la domanda di parte attrice, ritiene il Tribunale che la stessa non possa essere accolta quanto allo status, non avendo l’attore provato l’intervenuta riconciliazione.

Sono dati pacifici e incontroversi che il signor (…) aveva avuto una relazione extraconiugale con la signora (…) dalla quale in data 30.6.2001, quindi poco prima della separazione consensuale, era nata una bambina dallo stesso riconosciuta e che nel giugno 2008 il signor (…) se ne andava dalla casa coniugale per andare a convivere con la madre di sua figlia.

È del pari incontestato che tra la separazione consensuale del marzo 2002 e il giugno 2008 i coniugi abbiano continuato a coabitare in quella che era la casa coniugale, dal momento che la stessa signora (…) in sede di interpello ha ammesso la circostanza, confermata poi da tutti i testimoni sentiti.

L’istruttoria orale svolta non consente però, a giudizio del Tribunale, di ritenere provata un’intervenuta riconciliazione tra i coniugi intesa quale ricostituzione di un’affectio coniugalis piena e profonda, quale ripristino del consorzio familiare attraverso la restaurazione della comunione materiale e spirituale dei coniugi (Cass. Sez. I 25.5.2007 n. 12314, Cass. Sez. I 6.10.2005 n. 19497).

Pur essendo certo che i coniugi nella casa coniugale dormivano nella stessa stanza per averlo ammesso la convenuta in sede di interpello e averlo riferito anche i testimoni sia di parte attrice (…) che di parte convenuta (…) anche con riferimento ai viaggi fatti dalla coppia, i coniugi in questo periodo non avevano ripreso i rapporti sessuali.

Tale circostanza, certamente rilevante sotto il profilo della ripresa di una comunione coniugale piena, affermata dalla convenuta e dalla testimone (…), amica di vecchia data della signora (…) che glielo aveva confidato, non è stata infatti contestata né smentita dall’attore.

Con riferimento poi ai viaggi all’estero fatti in tali anni dai coniugi in compagnia di amici, circostanza anche questa riconosciuta in sede di interpello dalla convenuta e dai testimoni di entrambe le parti, deve darsi atto che dalle deposizioni assunte è emerso che in tali viaggi i loro rapporti erano molto tesi e in ogni caso molto distaccati.
La teste (…) ha, infatti, riferito, rispondendo a prova contraria, che non aveva mai visto nel periodo della asserita riconciliazione i coniugi scambiarsi atteggiamenti affettuosi e che in occasione dei viaggi fatti con la coppia ed altri amici alle Canarie nel 2006, in India nel 2007 e in Siria e Giordania nel 2008 i loro rapporti erano molto tesi, «si percepiva nervosismo tra loro».

E anche la teste di parte attrice (…) che ha affermato che in occasione di un viaggio in Portogallo nel 2007 i loro rapporti erano cordiali ha comunque precisato che non li ha mai visti baciarsi o scambiarsi effusioni.

Ma soprattutto, a giudizio del Tribunale, deve ritenersi provato che in questo arco temporale il signor (…) non abbia mai di fatto posto fine alla relazione con la signora (…) e che quindi le difficoltà della coppia che per tale motivo si era separata non erano in effetti venute meno.

É sul punto decisiva ed eloquente la deposizione di (…), sorella dell’ attore e testimone dallo stesso indicata, che rispondendo a prova contraria alle domande relative alla relazione tra il fratello e la signora (…) nel periodo tra il 2002 e il 2008 ha testualmente riferito «Mio fratello mi diceva che vi erano periodi in cui la relazione si interrompeva nel senso che mio fratello lasciava per un periodo la (…) e poi la riprendeva. Queste circostanze mi sono state riferite anche da mia cognata con la quale in passato avevo un buon rapporto che ora non c’è più» e ancora «confermo.

Preciso che a me mio fratello diceva che voleva stare con la moglie ma in alcuni periodi voleva stare con la (...) principalmente per poter vedere la bambina»,«a me diceva sempre che non voleva lasciare la moglie ma è vero che aveva una confusione mentale perché era cambiato come persona», aggiungendo a specifica domanda del Giudice «nel periodo tra il marzo 2002 e il giugno 2008 mio fratello e mia cognata si comportavano come una coppia normale e vivevano nella stessa casa, i loro problemi me li rappresentavano entrambi».

Questa testimonianza proprio perché proveniente da un testimone dell’attore e perché riportante ammissioni alla stessa fatte tanto dal signor (…) quanto dalla signora (…) vale a confermare le deposizioni anche degli altri testimoni tanto di parte attrice, (…), quanto di parte convenuta, (…), (…) e (…) che tutti hanno riferito della prosecuzione altalenante della relazione extraconiugale come circostanza appresa dalla (…).

Né vale a smentire tale quadro probatorio la deposizione dell’altra sorella dell’attore, (…), che aveva certamente con il fratello un rapporto di saltuaria frequentazione, avendo essa stessa riferito di averlo visto nel periodo 2000-2008 in poche occasioni per le festività natalizie o altre ricorrenze familiari.

La stessa ha, infatti, dichiarato che nel 2004, avendo appreso che aveva avuto una bambina da un’altra donna, aveva chiesto al fratello se la relazione proseguisse ricevendone una risposta negativa e di non essere più tornata sull’argomento e ha precisato di non essere quindi in grado di dire se tra il fratello e la (…) la relazione fosse proseguita.

É, infine, emerso dalle deposizioni dei testimoni che il signor (…) vedeva la figlia sempre a casa della (…) la domenica e in occasione delle festività, elemento questo che ulteriormente conferma che il legame tra i due non si fosse interrotto, essendo ragionevole in caso contrario che la bambina venisse inserita e frequentata nel contesto familiare coniugale.

E’ quindi evidente, a giudizio del Tribunale, che in tale quadro di rapporti personali tra il signor (…) e la signora (…) non vi sia stata una riconciliazione vera e propria, una ripresa di quella comunione di vita, di intenti e di progetti che il matrimonio necessariamente dovrebbe comportare, ma un lungo periodo in cui i due coniugi, dopo la separazione, coniugale.

Per tutte le ragioni esposte non essendovi prova della riconciliazione non può quindi essere dichiarata la cessazione degli effetti della separazione.

E non può trovare accoglimento del pari l’ulteriore domanda di parte attrice volta ad ottenere la «retrocessione» dei trasferimenti immobiliari effettuati con la separazione e ciò, preme sottolinearlo, a prescindere in ogni caso dal giudizio del Tribunale circa la non provata riconciliazione.

In primis, deve rilevarsi che con la sottoscrizione del verbale di separazione e la sua omologazione si è verificato l’effetto traslativo reale dell’accordo negoziale inserito dalle parti nella separazione, effetto che non può certo essere caducato, come pretende l’attore, sulla base di una pronuncia giudiziale che, accertando una situazione di fatto sopravvenuta, riguarderebbe unicamente lo status delle persone.

Si osserva poi ad ogni buon conto che secondo l’insegnamento costante della Suprema Corte gli accordi negoziali inseriti dalle parti per regolamentare la situazione patrimoniale all’atto della loro separazione hanno una loro propria autonomia, specie quando non hanno funzione solutoria degli obblighi di mantenimento dei figli o del coniuge, sono produttivi degli effetti propri dell’atto traslativo negoziale e restano indipendenti dalle successive vicende dei rapporti personali tra le parti.

Nel caso di specie, osserva il Collegio, non può che riconoscersi, sulla base di un’interpretazione complessiva delle condizioni della separazione, tale autonomia alle condizioni di cui al punto 3 del verbale omologato.

Le clausole negoziali che hanno disposto i due trasferimenti immobiliari erano destinate infatti unicamente a regolamentare i rapporti patrimoniali tra le parti, tanto è ciò vero che per entrambi i trasferimenti immobiliari si dà atto che «il trasferimento avviene a titolo oneroso e che il dott. (…) in qualità di cedente da atto di aver già ricevuto quanto concordato dalla signora (…) cessionaria e ne fornisce la più ampia quietanza».

Vi è poi la clausola immediatamente successiva in cui i coniugi danno atto di aver già diviso tra loro i beni mobili e il danaro di proprietà comune (clausola 5).

É, infine, espressamente previsto un assegno di mantenimento a favore della moglie (clausola n. 6) senza che sia stato in qualche modo indicato alcun collegamento tra tale assegno e la sua misura e il trasferimento della quota attorea degli immobili.

Quanto, infine, alle spese di lite, devono essere poste a carico dell’attore, attesa la sua soccombenza; vengono liquidate in complessi € 4.500 per compenso professionale oltre iva e cpa come per legge, applicando la disciplina di cui al DM 140/2012, essendosi l’attività difensiva conclusa dopo l’entrata in vigore del citato provvedimento, secondo il valore medio di riferimento per ciascuna fase processuale effettivamente svolta.

P.Q.M.

Il Tribunale Ordinario di Milano, Sezione IX Civile, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando nella causa fra le parti di cui in epigrafe, ogni altra istanza ed eccezione disattesa, così decide:
1.respinge le domande avanzate da (…)
2.condanna (…) a rifondere a (…) le spese di lite liquidate in € 4.500 per compenso professionale, oltre iva e cpa come per legge.

Cosi deciso, in Milano il 22 maggio 2013
Il Giudice Relatore Il Presidente
Dott.ssa Rosa Muscio Dott.ssa Gloria Servetti